- Terminati gli scavi archeologici al sito di Pontevecchio
Il Rotary Club Lunigiana, fin dal momento della sua fondazione, si è mostrato molto attento al fenomeno delle statue-stele, collaborando in molte iniziative tra cui quelle lodevolissime rivolte a sostituire gli ultimi originali all’aperto, ormai in fase di progressivo degrado, con copie identiche.
Il Rotary Club Lunigiana ha inoltre sostenuto le datazioni al Carbonio 14 eseguite sui campioni delle stele di Groppoli, con esiti veramente di grande rilevanza scientifica. Considerato questo legame privilegiato Rotary- Stele con piacere quindi informiamo sui risultati ottenuti nelle tre campagne di scavi archeologici condotti a Pontevecchio, l’ultima delle quali è terminata solo qualche giorno fa. Pontevecchio è, ancor oggi, l’unico sito in due secoli di storia sulle statue stele (la prima a Zignago nel 1827) in cui esse si trovassero ancora erette originariamente nel terreno, allineate da est ad ovest, a breve distanza l’una dall’altra, ben nove in altezza decrescente con lo sguardo rivolto a mezzogiorno. Scoperte nel 1905 e quindi acquistate dal Comune della Spezia dal 1909 si trovano esposte al locale Museo Archeologico “Ubaldo Formentini”, situato nel Castello di San Giorgio che domina la città. Le indagini erano partite nell’autunno 2018 allorchè GAIA, concessionario delle acque per la Toscana, interessato a captare le sorgenti del Bardine, voleva realizzare una strada per raggiungerle, strada che però avrebbe in qualche modo coinvolto il sito archeologico, la cui ubicazione esatta, a oltre un secolo di distanza dal rinvenimento occasionale, risultava perduta. La Soprintendenza Archeologica di Lucca-Massa e il Museo delle Statue Stele Lunigianesi sono quindi intervenuti per reidentificare il sito delle nove stele al fine sia di tutelarlo che di indagarlo con metodi moderni, nel tentativo di potersi avvicinare al misterioso significato di questi monumenti della tarda preistoria (siamo 5000 anni fa), divenuti identitari per la Lunigiana. Nel frattempo GAIA, informata del progetto di ricerca, ha deviato la propria attenzione dalle sorgenti del Bardine alla Tecchia di Tenerano, ove è riuscita a potenziare il prelievo di acque già esistente. Nulla si sarebbe comunque potuto fare se non fosse intervenuto, col proprio sostegno, il Parco Regionale delle Alpi Apuane, che nel corso del Bardine ha proprio il confine territoriale. L’idea del Parco, espressa dal Presidente Alberto Putamorsi, è di condurre una valorizzazione del sito archeologico, ad esempio collocando copie delle stele nel punto esatto in cui furono ritrovate dai contadini di Pontevecchio, esponendo poi i risultati delle nuove ricerche nel Polo Museale che il Parco medesimo sta realizzando nella propria sede di Equi Terme, in collaborazione con la Soprintendenza. Proprio nella Collana di Studi “Acta apuana” diretta dal Parco Regionale Apuane uscirà, tempo un anno, una monografia che presenterà tutti i risultati raggiunti con le tre campagne di scavo archeologico, risultati che mostreranno novità di rilievo, che andiamo a riassumere brevemente. Anzitutto il sito di Pontevecchio – non il villaggio bensì la stessa zona dell’antico ponte, confluenza tra i canali di Nàvola e dei Bocciari, ha mostrato essere un punto di passaggio forzato legato all’antichissima pista preistorica di fondovalle, punto nel quale tutti coloro che transitavano dovevano fermarsi, sovente apprestando un bivacco. Tracce di due di questi bivacchi costituiscono le testimonianze più antiche finora scoperte a Pontevecchio, risalendo ad un periodo di circa 12.000 anni fa. Lo scioglimento dei ghiacci era ormai compiuto, la foresta era tesa a ricolonizzare le ampie radure liberate, un ambiente quindi favorevole al ritorno degli ungulati (stambecchi, cervi) e delle bande di cacciatori che avevano in loro una delle prede principali. Gli strumenti in selce scheggiata rinvenuti a Pontevecchio documenteno proprio alcune delle attività svolte da questi cacciatori, tra cui quella della scarnificazione e pulitura delle pelli con i grattatoi in selce, due dei quali sono stati recuperati proprio nella ricerca appena conclusa, a 3 metri e settanta cm di profondità dal piano di campagna attuale! Passando da 12 a 5 mila anni fa ci spostiamo nel tempo in cui il pianoro di Pontevecchio vide la comparsa dell’allineamento di stele dell’età del Rame, il primo metallo conosciuto e lavorato. Il pianoro su cui le comunità locali transitavano divenne allora un’area cerimoniale, nella quale venivano condotti rituali che pare avessero attinenza con un culto degli antichi antenati. Tale culto a Pontevecchio durò quasi due millenni, tra la piena età del Rame e la fine dell’età del Bronzo (3000-1200 avanti Cristo), e gli strati archeologici mostrano una frequentazione assidua, durante la quale, vicino alle stele, vennero accesi molti fuochi, preziosi agli archeologi perchè il loro carbone, conservatosi, fornisce materia alle datazioni al Carbonio 14, importanti sia per stabilire con precisione i momenti della frequentazione cultuale, sia per riconoscere le essenze legnose e determinare la vegetazione forestale tra 5 e 3000 anni fa, seguendo così la progressiva scomparsa delle conifere e l’affermarsi della foresta a faggi e carpini. Un risultato dunque di grande rilevanza, che coinvolge, con dati scientifici, il rapporto Uomo-Ambiente nel passato, nell’auspicio che serva anche quale monito per il presente.
Angelo Ghiretti
Museo delle Statue Stele Lunigianesi
Castello del Piagnaro – Pontremoli